Disturbo ossessivo compulsivo

DOC
Lo Studio Gervasoni si occupa del DOC disturbo ossessivo compulsivo

Cos’è il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)?
Alcuni esempi concreti: una persona che per alleviare l’ansia di essersi contagiata si lava continuamente le mani, un'altra che si alza decine di volte per notte a controllare se il gas sia chiuso e un’altra ancora che pensa e ripensa in continuazione alle sue azioni per essere sicuro di non aver commesso errori sul posto di lavoro. Ecco queste sono solo alcune delle miriadi di forme con cui può manifestarsi un disturbo ossessivo-compulsivo.
Il passo successivo è scorporare il DOC nelle sue parti e prendere in esame separatamente il concetto di ossessione e di compulsione.
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Allora, cos’è un’ossessione?
E’ un’idea fissa e ricorrente, che può essere associata a uno stato d’animo di preoccupazione o di timore che induce uno stato d’ansia.

Cos’è una compulsione?
La compulsione è un’azione ricorrente, il soggetto la mette in atto per alleviare l’ansia derivante da un’ossessione.

L’ossessione e compulsione vanno, come si usa dire, “a braccetto”?
Esatto, la compulsione è la “tentata soluzione” che un soggetto ossessivo mette in atto per liberarsi dall’ansia derivante da uno o più pensieri fissi, ad esempio: “Ho chiuso il gas?”; ” Mi sono contagiato?”; ” Ho commesso qualche errore irreparabile?”… E cosi via. Questi pensieri perniciosi e ricorrenti portano ad azioni quali controlli e lavaggi altrettanto ricorrenti.
Appunto per tale ragione si parla di DOC, disturbo Ossessivo-Compulsivo.

Come il DOC diviene un disturbo psicologico?
Tra il pensiero e l’azione s’instaura un circolo vizioso, più il soggetto agisce per liberarsi da una fantasia, più quest’ultima diviene plausibile, più la fantasia diviene plausibile più il soggetto si sente costretto ad agire.
Con l’andar del tempo il DOC subisce un radicale cambiamento, inizialmente il soggetto agisce per liberarsi ma quando la compulsione si radicata è essa stessa a rafforzare le ossessioni.


Incredibile, in questo modo la persona è vittima del suo stesso rimedio!
Esatto! Tutto ciò è paradossale, me ne rendo conto ma più si agisce nel disturbo ossessivo compulsivo più si peggiora.

Ma perché chi soffre di DOC non se ne rende conto e continua ad alimentare le proprie paure?
La logica del senso comune ci ha insegnato a combattere il fuco con il fuoco ovvero agire per sopprimere il problema alla radice:

- Se sei insicuro allora controlla,
- Se sei sporco allora lavati,
- Se sei contagiato allora disinfettati.

Tutto ciò è utile in un mondo fisico fatto di cose, ma le ossessioni appartengono al mondo astratto della mente e agire in tal modo è illogico e controproducente.

Spiego meglio, il soggetto ossessivo non si è contagiato ma semplicemente si preoccupa di esserlo. Quindi egli non agisce su un dato reale ma su un’ipotesi.

In più, la ripetizione continua dell’azione compulsiva è una potente forma di apprendimento. Da piccoli per imparare una poesia a memoria la ripetevamo decine di volte per ricordarla. Anche a distanza di anni, alcune poesie, forse quelle che abbiamo ripetuto di più, siamo in grado di ricordarle senza nessuno sforzo.

Allora, il ripetere sistematicamente un’azione la rende compulsiva?
Diciamo che la ripetizione è l’ingrediente essenziale per un disturbo ossessivo compulsivo.

Ricapitoliamo, una persona è turbata da alcuni pensieri più o meno plausibili ma non reali che le inducono uno stato d’apprensione. Egli per alleviare la tensione, mette in atto delle azioni con l’intento di rassicurarsi, ma più si rassicura, più diviene dipendente da quelle azioni.
Esatto!

Bene, come se ne esce?
Attraverso delle strategie specifiche bisogna aiutare il paziente a sperimentare delle esperienze emotivamente correttive che faccia capire al soggetto la dannosità della compulsione. Una volta ottenuto ciò le ossessioni tendono a mitigarsi o scomparire.
Ad esempio, nel caso specifico di un soggetto che controlla compulsivamente se la porta sia chiusa, bisogna permettere al soggetto di controllare, quando ne sente l’esigenza, ma imporgli un numero esatto di ripetizioni, a cui egli deve obbligatoriamente attenersi.

“Ogni volta che controlli la porta, la devi controllare altre cinque volte…”
Questa sorta di auto-imposizione ovvero controllare anche quando non ne sente la necessità, permette al soggetto di sperimentare il peso e l’inutilità della compulsione.
In altre parole, trasformare nella credenza del paziente la sua soluzione in una costrizione dalla quale liberarsi.


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